venerdì 30 marzo 2012

Coming out

Sono timida.
Arrossisco per un nonnulla.
Mi arrabbio facilmente.
Spesso penso che chi mi sta di fronte sia 100 volte più in gamba di me.
Insomma, nel bene e nel male, sono una persona emotiva (uhm, forse il titolo del blog mi rappresenta più di quel che penso).

Nonostante tutto questo comincio a fare... coming out.

Questa sera ho detto alle mie amiche: ragazze, ho un blog.
E sentivo le guance diventare tutt'uno con la montatura rossa dei miei occhiali. E sentivo la schiena irrigidirsi per il timore del giudizio altrui.

Ma, lo scrivevo già qualche giorno fa, io sono una persona fortunata.
Ero con le mie amiche, in quella preziosa bolla di vita in cui non sono mamma, moglie, figlia o professionista, ma semplicemente trovo spazio per me stessa.
E potevo correre il rischio di mostrarmi per come sono, con tutto il mio bagaglio di stranezze, contraddizioni e fragilità. Persino ammettere che io, snob anti-social che preferisce coltivare le relazioni di persona, ho ceduto al fascino della condivisione dei pensieri in rete.

Ecco. Capitano serate come questa, doppiamente preziose dopo una giornata buia, e mi ritrovo a scrivere in piena notte un post dal cellulare.
E a sorridere.
Perché questa sera, oltre alle guance rosse e alla schiena tesa, ho sentito il mio cuore allargarsi :)

E voi, con chi parlate del vostro blog?

giovedì 22 marzo 2012

Doppio carpiato

Pare faccia parte del corredo della neomamma, insieme alle coppette assorbilatte e alle mutande di rete.

È un accessorio irrinunciabile del kit rientro-al-lavoro, quando ovviamente sei in ufficio se a casa c'è un'emergenza e ti chiedi perché non hai ancora brevettato il teletrasporto.
O invece rispondi dal soggiorno di casa alle telefonate dei clienti, peccato per il Gatto puzzolone a tutto volume e il nano che ti guarda, ride e capisce che può abbuffarsi di taralli.

Di sicuro fa parte del mio DNA e della mia educazione, rigorosa e esigente con gli altri e ancor più con me stessa.

Ecco.
In questo anno e mezzo di convivenza con Piccolo Uomo si era già affacciato parecchie volte nei miei pensieri.

Ma da quando non sono riuscita a impedire che il passeggino imbizzarrisse sul marciapiede come un elefante davanti a un topolino, il senso-di-colpa-della-mamma-inetta non mi abbandona.

Ok, era solo il primo doppio carpiato di Piccolo Uomo verso l'asfalto.
Ok, nel precipitare gli si è pure chiuso sopra il passeggino - 12 kg esatti come i suoi - ma in fondo oltre a nuovi graffi e crosticine ha ancora tutti i suoi dodici dentini.
Ok, in fondo ce la siamo cavata con disinfettante, ghiaccio, lacrime (più mie che sue) e tante coccole.

Ma... mi sento in colpa per non averlo protetto. Mi sento in colpa perché ho battuto pure io il naso sull'asfalto.
Piccolo Uomo, ta-da-da, la mamma non saprà sempre proteggerti dal dolore.

Che scoperta, eh?
Che poi eri ancora nella pancia e già fantasticavo di saperti donare amore ma soprattutto spazio e libertà, e invece adesso singhiozzo su due graffi.

Facciamo un patto: batti pure il naso sull'asfalto quanto ti pare.
Conterò fino a 10 per vincere la tentazione di impedirtelo.
Proverò a non sentirmi in colpa quando cadrai per causa mia o per farmi dispetto.

Amore di mamma, ricordati che se vorrai da me troverai sempre due cose: disinfettante per le ferite e tempo per ascoltarti.

E voi, come ve la cavate col senso-di-colpa-della-mamma-inetta?

domenica 18 marzo 2012

Mamma single (part-time)


Questione femminile? Diritti delle donne? Parità o uguaglianza? 
Ecco la mia esperienza:  11 mesida mamma single, part-time.

Mi spiego meglio: niente di eccezionale, non sono una di quelle donne coraggiose che per mille motivi si trovano a dover crescere da sole i propri figli.

Semplicemente, per quasi un anno, sono stata una delle tante con il compagno lontano per lavoro dal lunedì al venerdì, una di quelle mamme che cercano di crescere al meglio i piccoletti di casa, moltiplicando in qualche modo le ore dei giorni feriali così da farci entrare tutto, ma proprio tutto:  famiglia, lavoro e – perché no -interessi e amicizie.

Niente di eccezionale, certo.
Niente di eccezionale, me ne rendo conto.
E in tanti a ripetermi quel che già sapevo:  ci sono migliaia di donne con un compagno formalmente presente a casa tutte le sere, ma in realtà sole.

Lasciatemi aggiungere un altro punto di vista. Il mio.

Niente di eccezionale, ok, però mi son trovata ad affrontare da sola le notti interrotte di un Piccolo Uomo di nemmeno 5 mesi.
Però ero ancora a casa in maternità, in quella bolla di vita in cui tutto odora di crema alla calendula, brodo vegetale e olio per massaggino neonatali.
Però ho pianto al telefono angosciando Papà Gabbiano quando lo svezzamento mi sembrava una montagna insormontabile e il mio buonumore dipendeva da due cucchiaini di mela, e davvero non mi rendevo conto che ero solo disorientata dal vedere che Piccolo Uomo ed io stavamo imboccando il sentiero dell’autonomia.
Però mi son trovata da sola a fare il salto verso il pc dell’ufficio,con le narici travolte dall’odore della macchinetta del caffè e lo sguardo smarrito di chi dovrebbe pensare a riacquisire dimestichezza col lavoro e invece sbircia il cellulare per sapere se ha finito il biberon della colazione.
Però ho gestito da sola tiralatte infernali e mirabolanti incroci di nonni per concedermi una serata al mese di cinema e chiacchiere con le amiche e una lezione di yoga a 400 metri da casa.
Però ho meditato, visualizzato e convogliato tutte le mie energie positive affinché il primo dente e i primi passi di Piccolo Uomo arrivassero nel week-end. Che poi è andata proprio così, ennesima dimostrazione della versatilità del mio angelo del parcheggio (questa è un’altra storia, troppo lunga da raccontare adesso).

Non è stato facile. Affatto.
Ma me la sono cavata. Ce l’abbiamo fatta.
Papà Gabbiano dorme a casa quasi ogni sera, Piccolo Uomo è un bambino sereno, siamo vivi.

 Sapete perché? Io sono una persona fortunata.
Perché i miei genitori hanno saputo adattarsi a nuovi ruoli e responsabilità, trovando la giusta misura tra lo starmi accanto quando ne avevo bisogno e il lasciarmi percorre in autonomia la mia avventura da mamma.
Perché i miei suoceri e la mia famiglia in generale per amore di Piccolo Uomo hanno saputo imboccare nuovi sentieri dandomi una mano anche quando non condividevano le nostre scelte.
Perché Papà Gabbiano ha sopportato i suoi sensi di colpa, le mie crisi e le mie lacrime miste ad accuse, ed  ha fatto tutto il possibile e anche di più per la sua famiglia.
Perché ho amiche vere, di quelle che Piccolo Uomo chiama zia a testimoniare che son sorelle d’elezione.
Perché ero una mamma single part-time e adesso sono una mamma lavoratrice part-time, arrivo a casa per la merenda e Piccolo Uomo ed io abbiamo persino il tempo di annoiarci insieme.
Perché son stata in gamba pure io e mi son quasi sempre ricordata che sì sono una mamma, ma anche molte altre cose, tutte con pari diritto ad esistere.

Ecco.
Quello che auguro a Piccolo Uomo e che tento di insegnargli a costruire è un domani in cui tutti abbiano il diritto di mettere a frutto il proprio talento, qualunque esso sia. Un domani in cui non conta essere uomo o donna, né essere fortunati come me, ma in cui è importante  essere parte attiva di un modo nuovo di guardare le cose.

E  per favore non chiamatemi Biancaneve.

Questo post partecipa al blogstorming.

martedì 13 marzo 2012

Senza parole

Piccolo Uomo ama giocare con costruzioni e scatole.

Uno dei nostri giochi preferiti consiste nell'impilare insieme le sue scatole colorate, nascondendo all'interno un animaletto di gomma. Il vero divertimento arriva poco dopo. Con un gesto tanto rapido quanto prevedibile Piccolo Uomo fa crollare a terra la torre di scatole e scoppia a ridere.

Ecco. Questa è l'immagine che ho visualizzato all'improvviso durante la lezione di yoga. Pensavo a un'amica, alle parole che avrei voluto dirle poco prima e che invece non avevo saputo trovare.

All'inizio non capivo.
Poi ho pensato alla torre: costruita pian piano, un pezzo dopo l'altro, da due persone con l'obiettivo di creare qualcosa insieme.
E all'improvviso il gesto di una sola delle due fa crollare tutto. E niente è più come prima.

La torre è la famiglia della mia amica.
Le scatole sono i tanti anni insieme.
Il pupazzetto di gomma...  il loro piccolo uomo, che ho visto nascere.

Il compagno della mia amica ha appena dato un calcio alla torre.
Sono. Senza. Parole.

domenica 11 marzo 2012

Pomeriggio di sole

Tutto è partito dalla mia curiosità, nel momento in cui io - che non sono affatto un tipo paziente - ho finalmente potuto accogliere tra le mie braccia Piccolo Uomo.

Intendiamoci, quello vero. Non il batuffolo immaginato per tanti mesi, ma il Piccolo Uomo reale: naso schiacciato, guance rosse e tutina azzurra troppo grande.

E io - Piccolo Uomo fattene una ragione, la mamma è un tipo così - a fare la domanda da un miliardo di dollari: tu chi sei?
Attenzione.
Tu chi sei, non chi sarai.
Insieme da poche ore, intuivo l'incontro tra un piccoletto che cominciava a raccontarsi e una famiglia pronta ad ascoltare.

18 mesi dopo, come esser passati due volte dalla casella del via rispetto al tragitto da semplice inquilino nella mia pancia, te l'assicuro: è uno spasso scoprire ogni giorno chi sei.

Oggi, io e te soli a inventarci un pomeriggio di sole, ho visto come ci guardavano ridere tra la folla.
Piccolo Uomo, continua così!

venerdì 9 marzo 2012

E invece no

Strano avere un blog. Se poi sei una come me, di quelle che si ostinano a fare mille cose, a coltivare tanti interessi, a voler conciliare (leggi: incastrare modello tetris) lavoro, famiglia, amicizie, interessi... beh, allora può sembrare quasi assurdo aggiungere altro.

E invece no.

Perché questo blog è appena nato, ma già mi sembra impossibile fare a meno di questo spazio.

Perché scrivere un blog, il mio blog, mi ricorda che rinunciare a parti di sé non porta da nessuna parte, che esprimersi è indispensabile, che confrontarsi con gli altri è una via per evolvere.

Perché scrivere significa fermare lo sguardo su di me, su di noi, su
Piccolo Uomo. È ancora uno scricciolo, ma cresce alla velocità della luce e voglio osservare e godere di ogni piccola conquista. Voglio ricordare.

Scrivo al buio, sotto le coperte, mentre ascolto il respiro regolare di Piccolo Uomo nel lettino accanto a me.
E sono stanca, certo. E mi aspetta un week-end in cui dovrò gestire da sola il piccoletto mentre Papà Gabbiano lavora.
Ma scrivo. E intanto sorrido.

domenica 4 marzo 2012

Ridere

Ride.

Ride e arriccia il naso. Ride e batte le manine. Poi lancia un gridolino. Agita ritmicamente i piedini a creare una musica tutta sua.
Ride con gli occhi e si illumina la stanza.

Può essere per la mia faccia buffa, il campanello di casa che suona, le capriole sul letto con Papà Gabbiano, la soddisfazione di far da solo, un nuovo nascondiglio dove Nonna Pasticcia faticherà a trovarlo.


Ride in mille modi.
Ride per mille motivi.
Ride con mille diverse sfumature.

E io per un attimo mi fermo e penso: Piccolo Uomo dice solo poche parole, esprime però mille emozioni con le sue risate.
Ci voleva lui per ricordarci di ridere? Altro che sorridere!

sabato 3 marzo 2012

Io sono mamma, e tu chi sei?

18 mesi.
Piccolo Uomo sta diventando grande.

Sembra sia passato un soffio da quando ha deciso di presentarsi. Con un'entrata in scena spettacolare, di quelle che attirano l'attenzione di tutti, per farci capire che tutto stava cambiando e niente sarebbe stato più uguale.

18 mesi di rivoluzione, 18 mesi della nostra nuova vita a 3.

Grazie, Piccolo Uomo. Perché da quando ti ho guardato negli occhi tutto è cambiato: le emozioni hanno ripreso colore, il dolore ha fatto posto al coraggio. Il coraggio di amarti, senza esitazioni e senza paracadute. Il coraggio di osare la felicità.

Perché tu sei la più faticosa e la più meravigliosa delle rivoluzioni.

Per la tua nascita volevo scrivere un sms ad effetto, ci pensavo da settimane. E invece ho scritto: questa mattina è nato Piccolo Uomo, che altro dire? Stiamo bene e siamo felici!

18 mesi da quando ti ho detto: Piacere, io sono la tua mamma. E tu chi sei?